
Intesa Sanpaolo nel mirino, cittadini: “Scelta inaccettabile”
Petizione poplare contro chiusura – Cannara. Nella piccola cittadina umbra, l’improvvisa chiusura dello sportello bancario di Intesa Sanpaolo ha scatenato la protesta organizzata dell’associazione “Cannaresi Liberi”, che ha lanciato una petizione per il ripristino immediato del servizio. Nessun preavviso, nessun confronto con la cittadinanza: la banca ha interrotto un presidio fondamentale, costringendo i residenti a spostamenti forzati e complicazioni gestionali per operazioni di base come prelievi, versamenti, pagamento bollette e pratiche fiscali.
L’iniziativa popolare, scrive il sidnaco Fabrizio Gareggia, nasce dal basso ma si muove con determinazione. Il testo della petizione denuncia gravi ripercussioni su ampie fasce della popolazione, in particolare gli anziani e chi ha poca familiarità con gli strumenti digitali. Per loro, la chiusura dello sportello non rappresenta un semplice disagio, ma una barriera all’accesso ai servizi bancari essenziali. Con un presidio fisico in meno, per molti cittadini ogni operazione si trasforma in un problema di mobilità, costi, tempo perso e dipendenza da altri.
Petizione poplare contro chiusura
La campagna, già sostenuta da numerose firme raccolte in città e online, intende portare la questione direttamente ai livelli decisionali, sia amministrativi sia bancari. L’obiettivo dichiarato è chiaro: ottenere il ripristino del servizio di cassa, oppure – in alternativa – l’attivazione di soluzioni digitali accessibili e guidate, che consentano a chi non utilizza contanti o non ha competenze informatiche di continuare a gestire il proprio conto in sicurezza e autonomia.
La chiusura del punto operativo è avvenuta senza alcun percorso di comunicazione con la popolazione. L’assenza totale di interlocuzione istituzionale ha esasperato i toni della protesta. L’associazione promotrice accusa Intesa Sanpaolo di aver agito in modo unilaterale e tecnocratico, ignorando le caratteristiche del territorio e le difficoltà di una parte consistente dei propri clienti. La mancanza di alternative praticabili è al centro delle critiche.
Per gli abitanti di Cannara, non esistono sportelli alternativi facilmente raggiungibili. Il più vicino si trova a diversi chilometri di distanza. Non tutti dispongono di mezzi propri, né è sempre possibile contare su trasporti pubblici efficienti. L’assenza dello sportello costringe quindi a una sorta di esodo finanziario obbligato, in contrasto con ogni principio di prossimità e servizio.
La petizione sottolinea come la funzione di sportello bancario, oggi più che mai, non possa essere considerata un’opzione accessoria. In un’epoca in cui la digitalizzazione sta ridisegnando radicalmente il rapporto tra cittadini e servizi, le realtà periferiche rischiano di essere tagliate fuori. Chi non possiede uno smartphone, una connessione stabile, o semplicemente la competenza per utilizzare applicazioni bancarie, resta escluso.
La protesta non si limita alla difesa dello status quo. L’associazione “Cannaresi Liberi” propone soluzioni concrete, come sportelli mobili, supporti assistiti o strumenti semplificati per operare in autonomia. Tuttavia, senza una risposta ufficiale da parte dell’istituto bancario, la mobilitazione proseguirà e sarà rafforzata da un’iniziativa formale presso l’amministrazione comunale.
È prevista la richiesta di un consiglio comunale aperto con la partecipazione dei vertici territoriali della banca, per discutere pubblicamente della decisione presa e delle possibili contromisure. La comunità intende ottenere risposte e, soprattutto, ribadire la propria centralità nel processo decisionale.
Per Cannara, la perdita dello sportello rappresenta molto più di un disservizio. È la sottrazione di un punto di riferimento quotidiano, che si traduce in vulnerabilità economica e sociale. Un conto è promuovere la modernizzazione, altro è imporre tagli mascherati da innovazione. Il rischio concreto è che l’efficienza bancaria venga perseguita a scapito dell’uguaglianza nell’accesso ai servizi.
Intanto la raccolta firme continua, sia attraverso moduli cartacei disponibili nei negozi e luoghi pubblici del paese, sia tramite un modulo online accessibile sulla pagina Facebook dell’associazione. La partecipazione è trasversale: pensionati, famiglie, lavoratori, piccoli imprenditori. Un fronte coeso che chiede visibilità, dignità e rispetto.
Cannara diventa così un caso emblematico nella questione più ampia della desertificazione bancaria nei piccoli comuni italiani. La razionalizzazione delle filiali, imposta per esigenze economiche e logiche aziendali, lascia interi territori sprovvisti di presìdi essenziali. La transizione al digitale, se non accompagnata da strumenti di compensazione adeguati, acuisce le disuguaglianze anziché colmarle.
La forza dell’iniziativa risiede nella sua natura dal basso, in una comunità che non si arrende al silenzio delle grandi strutture e rivendica il diritto a essere ascoltata. La battaglia dello sportello non è nostalgia del passato, ma difesa del presente. È un segnale forte contro decisioni calate dall’alto, che ignorano il contesto reale di chi subisce le conseguenze.
Nel contesto attuale, ogni taglio ai servizi locali produce effetti a catena. Le filiali non sono solo luoghi di operazioni economiche, ma anche spazi di contatto umano, orientamento e supporto. La loro chiusura priva le comunità di strumenti di autonomia e rende ancora più fragili i legami tra cittadini e istituzioni.
L’associazione ha annunciato che proseguirà nella sua azione finché non arriveranno risposte ufficiali. Si prepara anche un dossier da inviare agli enti regionali e ai parlamentari umbri. L’obiettivo è trasformare il caso Cannara in un precedente utile per scongiurare altre chiusure simili in Umbria e altrove.
In un momento storico in cui si parla di coesione, servizi di prossimità e contrasto allo spopolamento, la soppressione di uno sportello diventa il simbolo di un modello che rischia di lasciare indietro chi non può o non vuole correre dietro alle app. La comunità cannarese non accetta di essere trattata come un’appendice marginale e si mobilita per ribadire che l’inclusione comincia dal garantire l’essenziale.
Commenta per primo