Spello, Festival del Cinema, la partecipazione di Donatella Porzi

Il Festival del Cinema “Città di Spello”, alla sua terza edizione, conferma l’opportunità di far coincidere la sua inaugurazione non con un fatuo momento di passerella, ma con un appuntamento culturale di approfondimento dei temi intorno ai quali si rivolge la kermesse. L’anno scorso abbiamo cominciato con una rievocazione dell’esperienza di “Cinema movimento colore” che Antonioni ha realizzato proprio a Villa Fidelia nel 1979. Quest’anno ci concentriamo su un tema che rende onore al grande lavoro che le maestranze artigiane svolgono al servizio di un set cinematografico. Le grandi scenografie: di quanto lavoro artigianale sono fatte? Le scenografie delle feste in costume umbre: di quanto lavoro artigianale – e volontario – sono fatte anch’esse? Per istituire questo semplice, grande confronto, ci ritroviamo, ad inizio Festival, nella Limonaia di Villa Fidelia, per ascoltare tanto le parole del Maestro Federico Savina, docente della scuola di Cinematografia del Centro Sperimentale di Roma, quanto le “esperienze”, i “racconti” e le “riflessioni” di rappresentanti di una festa emblematica come la Quintana di Foligno e di signore che animano un’attività artigianale di tutto rispetto su Assisi e Valtopina nel campo del ricamo.

 

Naturalmente porteranno le loro testimonianze tanto la CNA quanto, su un altro versante, Sviluppumbria, proprio per dare all’evento la cornice più ampia possibile in termini di cultura, di economia e di “folclore” in senso lato. La vivacità del tema è assicurata da una scelta sull’argomento quanto mai appropriata a far venire in luce “un mondo sommerso” della cinematografia. Affidarsi, da parte del regista, a un pool di artigiani significa investire in qualità, perché solo l’applicazione al mestiere che garantisce un “cuore artigiano” fa da tramite fra l’idea e la sceneggiatura e gli attori da un lato e l’ambiente in cui la recitazione dovrà materialmente avvenire.

Una riaffermazione, dunque, del valore indiscutibile del “mestiere”di fronte alla crescente virtualizzazione della scena, alla facilitazione del lavoro che si ha con le tecnologie e le “medialità”. L’artigiano utilizza la manualità secondo gli impulsi del proprio “cuore” e il “saper fare” è un elaborare, nello stesso tempo, con la mente e con le mani, la scena dandole tutto il calore che la camera, poi, anche se immateriale, riuscirà a cogliere e a trasmettere al pubblico.

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